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furto casciago

VERBANIA – 27.10.2017 – Tre anni e 900 euro di multa

al restauratore-antiquario. Il possesso, in un garage preso in affitto a Baveno, di una parte della refurtiva di due furti in villa milionari avvenuti nel 2014 nel Varesotto è costato una dura condanna al bavenese Giuseppe Vellini. Il giudice Rosa Maria Fornelli l’ha ritenuto colpevole di ricettazione e, sposando la richiesta del pm Maria Portalupi, gli ha riconosciuto anche la recidiva per una precedente condanna. Vellini, noto con il soprannome di Willy per la sua attività di rigattiere e commerciante di mobili e oggetti antichi, fu raggiunto nell’aprile del 2014 da un ordine di perquisizione della Procura di Varese. La Digos della questura del capoluogo lombardo l’aveva individuato grazie alla “soffiata” di un confidente, che lo indicava come colui che deteneva parte della refurtiva dei maxi-furti avvenuti a Viggiù e Casciago. In un box che inizialmente non aveva riconosciuto come suo, furono trovati alcuni quadri, mobili, pezzi di un lampadario antico e oggetti di color argento che, fu appurato, provenivano dai due furti. Furti che erano stati ingentissimi. In particolare quello di Casciago, come ha raccontato oggi in aula la proprietaria della villa, una signora americana vedova di un uomo che alla ricchezza abbinava anche la passione per i belli oggetti da collezionare e che discendeva da un’antica famiglia molto facoltosa. “Non saprei dire quanto ci rubarono, ma penso tra 10 e 20 milioni di euro. E mi è stato restituito un centesimo di quella somma. Le forze dell’ordine mi dissero che ci erano volute tre notti per svuotare la villa”, ha spiegato. Trecento quadri, una sterminata collezione di oggetti in argento e di avorio, servizi in porcellana antica, orologi, mobili, lampadari, una trentina di tappeti alcuni dei quali grandi come una stanza, perfino un uovo dell’orafo Fabergé che non venne mai più ritrovato.

Tutto ha preso il volo, tranne le briciole, per le quali Vellini è stato chiamato a giudizio e che ha negato di sapere che quegli oggetti erano stati rubati. Rendendo spontanee dichiarazioni ha spiegato di averli comprati alle 6 del mattino al mercatino di Cormano, nel Milanese, da un rivenditore che sapeva essere affidabile e che in passato aveva avuto un negozio d’antiquariato. “Non c’era nulla di valore: l‘argento era acciaio Sheffield che si compra a casse per poche centinaia di euro, i quadri erano croste e anche il resto valeva poco”, ha puntualizzato dicendo di essersi fatto dare la ricevuta di quell’acquisto. Quanto all’aver nascosto il possesso del garage, s’è giustificato dicendo d’aver temuto di mettere nei guai la proprietaria perché l’aveva preso in affitto “in nero”. Questa tesi, sostenuta dal suo avvocato difensore, che ha puntato sulla buona fede del suo assistito criticando l’operato degli investigatori che non l’hanno mai interrogato, né hanno verificato se la compravendita al mercatino fosse stata reale, non è stata accolta dal giudice. 

Nella foto concessa da Varesenews la refurtiva ritrovata nella conferenza stampa che ne ha anticipato la restituzione.  

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