VERBANIA – 25.01.2018 – Quattordici giorni di vacanza
sul Lago Maggiore in formato famiglia e a scrocco. Sono passati più di tre anni e mezzo dal soggiorno in un camping di Cannobio di una comitiva olandese di otto persone – quattro adulti e altrettanti bambini – e il conto non è ancora stato saldato. Un conto da 1.183 euro per chiudere il quale il titolare del camping ha fatto di tutto, dal proporre uno sconto e una transazione amichevole ad attivare un’agenzia di recupero crediti internazionale.
La storia di questa “odissea” l’esercente l’ha raccontata in tribunale, nel processo per truffa che vede alla sbarra Bela Nicolai Ozinga. Fu lui, olandese di passaporto e di residenza, che nell’inverno del 2014 prenotò on-line un soggiorno per quattro persone dal 1° al 14 agosto. Quando arrivò sul Verbano il gruppo s’era allargato a otto componenti. E quando venne il giorno del check-out ci fu un “incidente”. Ozinga entrò in ufficio e, candidamente, disse di non aver con sé il denaro per pagare. Ne nacque una discussione un po’ animata, attenuatasi nel momento in cui il turista s’offrì di effettuare un bonifico con l’home banking. Armeggiò sul pc della reception e disse d’aver concluso ma alla richiesta di produrre una ricevuta mostrò un foglio piuttosto vago. Le discussioni ripresero e volendo evitare ulteriori scenate (o peggio), anche di fronte ad altri turisti, il titolare lasciò andare lui e la famiglia. Seguì, nei mesi successivi, una ponderosa corrispondenza e-mail con contestazione sull’avvenuto – a dire di Ozinga – pagamento e sulle modalità di recupero. A un certo punto sembrava che si potesse raggiunge un accordo con uno sconto del 30%, ma i soldi non arrivarono. Lo stesso accadde l’anno dopo con l’interessamento di una società di recupero crediti la quale, nel 2016, comunicò che avrebbe chiuso la pratica per aver scoperto che Ozinga nel 2013, cioè prima di prenotare la vacanza, era stato dichiarato fallito nel suo Paese per un debito di oltre mezzo milione di euro.
Dopo la denuncia presentata ai carabinieri, il campeggiatore è stato rinviato a giudizio per truffa, capo d’imputazione che dopo la testimonianza dell’albergatore è stato modificato in insolvenza fraudolenta. La modifica, accolta dall’avvocato difensore, Alberto Zanetta, deve essere ora notificata all’imputato, assente al dibattimento, per cui il processo andrà per le lunghe. Sul conto, ormai, i proprietari del camping di Cannobio ci hanno messo una pietra sopra ma, sul piano morale, non accettano che un turista, sia esso italiano o straniero – e qualche considerazione si potrebbe fare sui luoghi comuni che accompagnano gli italiani – possa prenotare, viaggiare per un migliaio abbondante di chilometri in un luogo di vacanza sapendo già che non potrà pagare.