TORINO – 03.11.2017 – Quindici anni dopo lo “scandalo”
e a nove e mezzo dalla sentenza di primo grado, il “caso” di Nebbiuno finisce in nulla. Nessuna condanna, nessun giudizio, nessuna responsabilità penale può essere attribuita a Laura Bassetti, la direttrice dell’ufficio postale accusata di aver truffato decine e decine di risparmiatori appropriandosi di una cifra stimata in 3,7 milioni di euro. Il processo di Appello tenutosi nei giorni scorsi a Torino s’è concluso con la dichiarazione della prescrizione per il reato di truffa e con il non doversi procedere per il falso, depenalizzato l’anno scorso. È un caso da manuale di giustizia lumaca, di come in Italia può capitare che fatti anche di una certa rilevanza finiscano in una bolla di sapone. O, quasi, perché se dal punto di vista penale non vi sarà mai un seguito, da quello civile restano validi i risarcimenti alle 48 parti civili: 1.300 per ciascuna persona tranne una che s’è vista assegnare 2.800 euro. A pagare il conto è Poste Italiane, che già era intervenuta ricostituendo i 101 libretti postali finiti nel ciclone nel 2002. In quell’estate a Nebbiuno si sollevò un polverone. La denuncia di ammanchi avanzata da una pensionata fece partire le indagini. La polizia giudiziaria e gli ispettori postali scoprirono numerose e gravi irregolarità, con più di cento libretti postali “manomessi” in diversi periodi per un buco milionario. La direttrice si giustificò con la ludopatia, tesi mai creduta da Procura e Guardia di finanza.
Nel 2008 Bassetti, finita a processo a Verbania, fu condannata a 7 anni per i fatti successivi al 2002, ma con il suo legale propose appello. La causa è rimasta nei cassetti del tribunale di Torino per oltre nove anni e quando è tornata di fronte ai magistrati il reato era ormai prescritto.