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VERBANIA – 21.10.2017 – “Avevo una bella villa a Stresa

ma l’ho venduta per comprare casa a Portofino, con il dispiacere di mia figlia che sul lago aveva gli amici”. Un affetto e un ricordo legano Ernesto Pellegrini al Lago Maggiore, alla sua “perla” ma anche a Verbania e alla squadra calcistica della quale gli fu proposta la presidenza onoraria. Erano gli anni ’80-’90 e l’allora presidente dell’Inter, che portò anche i nerazzurri guidati da Osvaldo Bagnoli (verbanese d’adozione, ex calciatore biancocerchiato che qui finì la carriera di calciatore iniziando quella di mister) a giocare in amichevole – con il tutto esaurito sugli spalti – allo stadio di Verbania, era un imprenditore in ascesa. “E pensare che al calcio mi sono avvicinato a Villar Perosa, casa degli Agnelli e della Juve, dove gestivamo un albergo…”, ha raccontato nei giorni scorsi, ospite d’onore al Grand Hotel Majestic del secondo “Gran galà del cuore”, l’evento benefico organizzato dalla Onlus del Cantante della Solidarietà in favore della Croce Rossa. “Sono stato contattato da Salvatore Ranieri e mi ha colpito la sua storia e la sua tenacia e sono molto onorato d’essere venuto”.

La vita calcistico-imprenditoriale di Pellegrini è quella probabilmente più nota al grande pubblico, che ha imparato a conoscerlo dalle pagine della Gazzetta dello Sport o dalle interviste alla Domenica Sportiva, in un’era in cui il calcio era meno business, meno fenomeno mediatico. Era l’epoca dei grandi imprenditori mecenati e tifosi come Dino Viola alla Roma, Gianni e Umberto Agnelli alla Juve, Paolo Mantovani alla Sampdoria, Silvio Berlusconi al Milan, Costantino Rozzi all’Ascoli, Flavio Callisto Pontello alla Fiorentina… Oggi, però, Pellegrini è un uomo maturo di quasi 77 anni che continua a operare nel mondo degli affari come e più di prima. Cavaliere del Lavoro, guida l’omonimo gruppo che, nel settore ristorazione, è diventato una multinazionale da oltre 8.500 dipendenti e 500 milioni di euro di fatturato l’anno.

Il successo, tuttavia, non ha cambiato questo milanese cresciuto in una cascina e che, con un diploma di ragioneria in tasca e un impiego da contabile, s’è messo in proprio facendo fortuna. La sua vita è diventata un’autobiografia e anche un docu-film con la voce narrante di Gianfelice Facchetti proiettato due anni fa in una serata memorabile alla Scala con Ennio Morricone a dirigere la musica, un teatro gremito di imprenditori e amministratori pubblici. E proiettato anche al Majestic di Pallanza, dove le immagini in bianco e nero della Milano del boom economico si sono alternate a quelle dei grandi campioni dell’Inter, delle testimonianze d’affetto di Beppe Bergomi, Jurgen Klinsmann e Karl Heinz Rummenigge solo per citarne alcuni. Con, anche, un ricordo speciale per Ruben, bracciante nella cascina dei Pellegrini che, sfrattato, morì di freddo in un rudere. Ruben è il nome del ristorante sociale che la Fondazione Ernesto Pellegrini ha aperto a Milano, un locale in cui chi ha difficoltà economiche può cenare – 500 persone a pasto – al simbolico prezzo di un euro. Perché l’imprenditore che ha avuto tanto dalla vita, che non ha alcuna intenzione di ritirarsi ma che – da padre orgoglioso – sorride già all’idea che la figlia Valentina, che ne ha ereditato le capacità e quello stile di persona semplice che contraddistingue la famiglia, vuole condividere qualcosa con chi è stato meno fortunato, anche a Verbania e sul Lago Maggiore, dove è stato ospite per una serata. 

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