VERBANIA – 16.09.2017 – La rivoluzione dei frontalieri
è alle porte. Gli accordi fiscali internazionali definiti negli ultimi due anni dai governi italiano e svizzero per superare i “patti” del 1974 e rivedere i meccanismi della tassazione dei lavoratori che risiedono entro 20 km dal confine attendono solo di essere ratificati. Berna preme perché l’Italia lo faccia il prima possibile ma, man mano che ci si avvicina alle elezioni politiche (marzo-aprile 2018), pare difficile che il parlamento si esprima. Uno dei motivi è che il tema è molto sentito da quel “popolo” di circa 72.000 persone (circa 8.000 nel Vco) che ogni mattina attraversa la dogana per farvi rientro la sera. Sino a oggi questi lavoratori le tasse le hanno pagate in Svizzera, trattenute nelle buste paga, versate al governo confederale elvetico e da questo in parte – il 38,8% – ristornate all’Italia, che una parte l’ha dirottata ai comuni di residenza. In futuro non sarà più così. La Svizzera continuerà a applicherà le ritenute fiscali come prima ma si terrà il 70% della somma, retrocedendone il 30% all’Italia; il lavoratore, che ora è esentato, dovrà dichiarare il proprio reddito in Italia e, calcolate deduzioni e detrazioni, potrebbe dover conguagliare. Il condizionale è d’obbligo perché le variabili sono numerose (finora ci sono solo simulazioni) e perché prima di andare a regime la riforma avrà un periodo di transizione in cui la quota da dichiarare sarà all’inizio più bassa e verrà progressivamente alzata.
In questo contesto la novità di questi giorni è che paiono maturi i tempi per la stesura di uno Statuto del lavoratore frontaliere. La novità è stata presentata ieri e dà conto di quanto sta facendo il tavolo di lavoro attivato al ministero degli Esteri.