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MILANO – 08.07.2017 – Quei contratti

non erano da fare e, nulli, devono portare al risarcimento di chi li ha sottoscritti. Nei giorni scorsi l’Arbitro finanziario, il nuovo ente regolatore delle controversie bancarie entrato in vigore a gennaio, ha emesso due provvedimenti che rischiano di avere un grosso impatto su Veneto Banca. Due clienti, acquirenti nell’autunno 2014 di 200 e 615 azioni al prezzo di 39,50 euro l’una, se le videro svalutate una prima volta nel 2015 e, poi, quasi azzerate nel 2016. Già nella prima occasione, assistiti dall’avvocato veneto Matteo Moschini, s’erano rivolti al Giurì Bancario sostenendo che erano stati forzati nell’investimento perché non adeguatamente informati del rischio (nessuno disse che le azioni non erano immediatamente vendibili e, anzi, una e-mail garantì l’investimento), perché invitati a investire quasi tutto il loro capitale (tra l’89,77% e il 100%). Già due anni fa ebbero ragione e furono risarciti per la differenza tra il valore di acquisto e quello svalutato. Poiché le azioni precipitarono a 0,10 euro l’una, i due – con il medesimo legale – hanno chiesto la differenza al neonato arbitro finanziario. E si sono visti assegnare, rispettivamente, ulteriori 4.000 e 14.999,55 euro.

Queste due sentenze sono un importante precedente perché riguardano casistiche simili a quelle di altri soci “beffati” (informazioni carenti, concentrazione dell’investimento in un solo prodotto) e potrebbero aprire a nuove cause. L’incognita è chi dovrà risponderne dal momento che Veneto Banca è in liquidazione.  

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