VERONA – 01.04.2017 – Mentre il 73% degli azionisti
di Veneto Banca che s’erano visti svalutati i titoli a pochi centesimi ha scelto la via della conciliazione e dell’accordo transattivo con l’azienda, proseguono i ricorsi dei soci “beffati”, persone che avevano investito i propri risparmi a Montebelluna o Vicenza e che di colpo hanno visto andare in fumo tutto. In questi giorni il tribunale civile di Verona ha emesso una sentenza che, in questo campo, si può definire storica. Un’azionista della popolare di Vicenza aveva citato l’istituto perché, comprando nel 2015 circa 250 azioni, dopo aver invano chiesto di venderle – non essendo quotate sono soggette a una procedura interna – ha subito la svalutazione. Il giudice ha deciso di risarcirla con 40.000 euro ritenendo la banca colpevole di non aver correttamente informato la cliente (una pensionata) sull’illiquidità del titolo. Nel compilare il Mifid, cioè il questionario-informativa sui clienti, era stato indicato che l’azionista non conosceva gli strumenti finanziari derivati mentre era a conoscenza del funzionamento del mercato azionario. Mercato al quale – così ha deciso il magistrato – non si può assimilare l’acquisto di azioni della popolare di Vicenza perché, essendo illiquide, sono più simili ai derivati Otc (Over the counter).
Il contenzioso tra la banca e gli azionisti prosegue anche in altre sedi. Come all’arbitro finanziario istituito a inizio gennaio presso la Consob, a Milano. L’ente ha finora istruito 386 pratiche, di cui 140 (il 35-40%) appartengono a clienti di Veneto Banca e popolare di Vicenza.