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VERBANIA – 01.06.2016 – “Chi si somiglia si piglia”.

Era questo lo slogan che benediceva nel 2007 il matrimonio tra Banca popolare di Intra e Veneto Banca. Al tramonto dell’era Brumana, quando l’istituto verbanese navigava in cattive acque, tra le pretendenti del famoso progetto di “autonomia condivisa” (cioè il mantenimento dei livelli occupazionali della “Intra” a Verbania e nel Vco) spuntò la ex popolare di Asolo e Montebelluna che, sotto la guida di Vincenzo Consoli era diventata Veneto Banca e guardava al mercato bancario con intraprendenza. I veneti arrivarono, pagarono 15 euro ogni azione Bpi – allora quotata in Borsa – e dopo un anno fecero il delisting (via da Piazza Affari, con la fine della possibilità di cedere immediatamente i titoli) e inglobarono la “Intra”.

Gli anni successivi sono stati di apparente solidità. L’immagine offerta da Veneto Banca è quella di un istituto solido e in espansione, che cresce nelle acquisizioni (Banca Apulia, Carifabriano, Bim) e vede salire il valore delle azioni, che vengono offerte anche nel Vco e nel Novarese, dove piccoli risparmiatori (ma anche grandi) continuano a mantenere le abitudini della vecchia Bpi, cioè acquistare ciò che ritengono un investimento sicuro. Ma il mercato mondiale del credito – e quello italiano in particolare – vivono una crisi nera. E sotto il tappeto c’è spesso la polvere. Un’ispezione di Bankitalia svela pratiche poco chiare e ortodosse, come i prestiti concessi in cambio di aumenti di capitale, l’errata imputazione di incagli e sofferenze. In sostanza: la banca è molto meno sana di ciò che si pensi o sembri. Il 2014 e il 2015 sono bilanci da lacrime e sangue. “Si fa pulizia nei conti” è la frase del board che accompagna ogni rettifica. Il capitale s’assottiglia, servono soldi freschi ma non bastano. Cambia il cda del presidente Flavio Trinca (gli amministratori uscenti potrebbero subire un’azione di responsabilità), Consoli lascia e gli revocano pure la cittadinanza onoraria di Montebelluna. Ma la situazione non migliora.

La cronaca di oggi racconta di un nuovo presidente – Stefano Ambrosini – e della grana che gli piove ai primi cda. Le azioni sono svalutate e milioni di euro sono in fumo. Nel Vco gli azionisti sono 6.620, nel Novarese 5.577. In totale sono 11.737 e insieme hanno viti bruciati in una notte circa 290 milioni di euro. A Verbania città la perdita è di 34,8 milioni, a Novara di 28,4, a Domo 14,5, a Omegna 10,2, a Baveno 7,9, a Stresa 7,1, a Cannobio 5,1 a Gravellona 4,8, a Villadossola 4,7. L’80% sono piccoli risparmiatori. Una beffa, come un altro slogan che campeggiava nelle filiali poco tempo fa: “Il valore in azione”.

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