VERBANIA - 22-07-2024 -- Si chiuderà domani, con le decisioni del gup Rosa Maria Fornelli sulle eccezioni delle difese e sulle richieste di rinvio a giudizio (ma anche di proscioglimento) della Procura, l’udienza preliminare del procedimento penale per il disastro del Mottarone. Sono trascorsi 188 giorni da quando, nella sala conferenze della Casa della Resistenza, si sono incontrati per la prima volta giudici, imputati (sei persone fisiche, due società) e parti civili – con i relativi avvocati – per discutere delle responsabilità di quanto accaduto il 23 maggio 2021, quando la cabina numero tre della funivia, in procinto di raggiungere la vetta del Mottarone, rotta la fune traente scivolò a valle non trattenuta dal freno d’emergenza, sino a scarrocciare al primo pilone e a piombare nel vuoto. Quella domenica mattina di primavera persero la vita 14 persone e, quasi miracolosamente, sopravvisse un solo passeggero – un bambino di allora sei anni – rimasto ferito ma poi guarito senza gravi conseguenze fisiche.
Le indagini portarono presto la Procura di Verbania a concentrarsi sulla manomissione manuale del freno d’emergenza, bloccato con gli ormai famigerati forchettoni dal caposervizio Gabriele Tadini, reo confesso. Venne posto in stato di fermo tre giorni dopo, su disposizione della Procura, insieme al direttore d’esercizio Enrico Perocchio e all’amministratore unico di Funivie del Mottarone Luigi Nerini. Il gip Donatella Banci Buonamici convalidò solo il primo fermo e, da lì, inizio una diatriba mediatica e tra magistrati che ebbe eco nazionale.
Nell’inchiesta entrarono in un secondo momento tutti i manutentori e Leitner, la multinazionale altoatesina che aveva rinnovato l’impianto solo pochi anni prima, come capofila del raggruppamento di imprese creato con l’allora Ferrovie del Mottarone, poi diventata gestore unico con un altro nome (e Leitner come manutentore).
Il gip Annalisa Palomba ha condotto l’incidente probatorio che, al termine di un lungo confronto tra periti, ha prodotto la relazione alla luce della quale la Procura, stralciate alcune posizioni, ha chiesto il rinvio a giudizio anche per Leitner e i suoi manager Anton Seber (presidente del cda) Martin Leitner (ad) e Peter Rabanser (responsabile del servizio clienti).
Il 17 gennaio s’è tenuta a Fondotoce la prima udienza preliminare, cui sono seguite quelle del 27 febbraio, 12 marzo e 23 aprile. Dal 21 maggio ci si è trasferiti a Palazzo di giustizia, dove le tappe successive sono state il 17 giugno con le richieste dell’accusa, il 5 e 16 luglio con le arringhe difensive.
Ora si è arrivati al dunque. Il procuratore capo Olimpia Bossi e il pm Laura Carrera hanno chiesto il rinvio a giudizio per tutti tranne che per Seber, considerato estraneo. Le difese hanno eccepito sul capo di imputazione, non contestando la natura giuridica di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, falso e attentato alla sicurezza dei trasporti, ma sostenendo che non vada applicata la rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, trattandosi di reati specifici nel settore dei trasporti. Ciascuna ha poi espresso le proprie posizioni circa la responsabilità contestata.
Senza che nessuno abbia chiesto riti alternativi, la decisione è se mandare o meno a processo uno o più imputati. Un processo che non dovrà più trattare le cause del disastro, già definite nell’incidente probatorio.
Fin dalle prime udienze è stato trattato e risolto uno dei punti più dolorosi: il ristoro delle parti civili. L’assicurazione di Funivie del Mottarone ha messo a disposizione l’intero massimale di polizza. Leitner ha contribuito in maniera robusta, pur dichiarandosi estranea e pronta a chiedere il denaro anticipato ai parenti delle vittime a chi sarà dichiarato responsabile dalla giustizia. Ha partecipato anche, con una piccola parte, la società gestrice dell’impianto.