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VERBANIA - 11-06-2024 -- Verbania va al ballottaggio nella più grande incertezza da quando, nel 1995, il sindaco è scelto direttamente dai cittadini. Per la prima volta in sette tornate elettorali nessuno dei due candidati al ballottaggio (nelle 5 occasioni in cui l’elezione non è avvenuta al primo turno) mai nessuno s’era fermato sotto quota 40%.

È accaduto sabato e domenica, nella più eccentrica delle competizioni elettorali, che ha sovvertito l’esito delle concomitanti consultazioni Europee e Regionali, certificando spaccature nelle coalizioni di centrodestra e di centrosinistra.

La sorpresa, in negativo, è il tracollo del centrodestra con Mirella Cristina candidata sindaco. L’esponente di Forza Italia, che aveva dalla sua i simboli dei tre partiti che, alle Europee e alle Regionali hanno sfiorato il 50%, s’è fermata al 18,6%, scalzata dal civico -ma di area centrodestra- Giandomenico Albertella, che s’è issato sino al 30,02%. Davanti a tutti c’è Riccardo Brezza del Pd e alla testa della coalizione del campo largo con M5S e sinistra. Ha raccolto il 37,27% dei consensi, frenato dal 9,6% di Patrich Rabaini, candidato scissionista nel rassemblement la cui leader è il sindaco uscente Silvia Marchionini, in rotta col Pd.

Supera lo sbarramento Michael Immovilli (Libertà e Immovilli swindaco), che chiude al 3,51%, mentre non va oltre la mera presenza Paolo Caruso (Insieme liberI), che ottiene l’1%.

Il primo partito a Verbania non è un partito, ma la civica Verbania Futura di Albertella, con il 22,57%. Il Pd è secondo sotto il 20% (19,82), Fratelli d’Italia è terzo appena al di sotto del 10 (9,43%), ridotto di due terzi rispetto ai dati delle Europee.

Non è difficile leggere nell’exploit di Albertella la capacità di attirare la gran parte dei voti del centrodestra, un’area che vale in città forse più del 50% dei consensi, risultando più convincente di Cristina. Né affibbiare alla resistenza interna di Rabaini-Marchionini i punti persi da Brezza, costretto a inseguire.

Con queste premesse il ballottaggio è incerto. Non solo perché la forbice è stretta ma perché, al netto di sempre possibili apparentamenti, tra candidati, partiti e movimenti affini per area politica ci sono ruggini e posizioni fortemente contrastanti, anche sul piano personale.

Il recente passato, però, ha insegnato che al secondo turno vince, certamente chi ottiene un voto in più, ma più che altro chi riesce a perderne di meno, cioè a portare a votare per una scelta di campo il maggior numero di persone. Cinque anni fa i votanti al primo turno furono 16.652, scesi poi a 13.676. Dieci anni fa si passò da 16.603 a 10.508.

 

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