VERBANIA - 31-05-2024 -- Assolta per non aver commesso il fatto. È con formula piena che il Tribunale di Verbania ha scagionato dall’accusa di omicidio colposo e lesioni colpose gravissime l’ostetrica varesina Marta Campiotti. Sessantotto anni, professionista di grande esperienza e di riconosciuta capacità, fu coinvolta nel grave problema di salute che una partoriente verbanese, trentenne nel novembre del 2017, accusò in casa e che portò alla morte del bambino che portava in grembo e che quasi le costò la vita.
Dopo un primo parto cesareo, la signora desiderava che il secondogenito venisse al mondo con parto naturale. Alle controindicazioni cliniche esposte dal suo ginecologo aveva ovviato ricorrendo alla “Casa di maternità Monteallegro” di Induno Olona, in provincia di Varese, fondata e diretta proprio da Campiotti. Che, in accordo con un’altra giovane ostetrica della struttura, si incaricò di seguire la futura mamma a domicilio, nelle fasi precedenti il parto che sarebbe avvenuto a Varese, città che avrebbe raggiunto con l’aiuto dell’ostetrica, poiché il marito non può guidare.
Alle prime avvisaglie del travaglio, l’ostetrica venne a Intra come concordato, nell’appartamento del centro storico abitato dalla coppia, in centro storico, in una zona pedonale. Nella notte tra il 27 e il 28 novembre la donna entrò in travaglio e, senza che l’ostetrica se ne accorgesse, ebbe una rottura dell’utero che le provocò una forte emorragia. Fu accompagnata al “Castelli” in auto dalla professionista, senza che fosse chiamata l’ambulanza e facendole compiere qualche centinaio di metri a piedi. In ospedale le fu salvata la vita, ma il bimbo morì.
Per questo fatto l’ostetrica presente in casa, Cristina Clerici, ha già patteggiato e definito la propria posizione. Campiotti, che pur dicendosi non colpevole ha ulteriormente risarcito le parti offese, che hanno revocato la costituzione di parte civile, è andata a processo per omicidio colposo con colpa medica.
Nell’udienza odierna, in sede di repliche, il pm Nicola Mezzina ha ribattuto alla tesi difensiva secondo cui Campiotti non fu responsabile degli errori della collega e non ebbe un ruolo attivo in quelle tragiche ore. L’accusa ha insistito sulla responsabilità, chiedendo un anno e quattro mesi.
Il giudice Beatrice Alesci l’ha assolta da ogni accusa con la formula per non aver commesso il fatto, reputandola quindi estranea al fatto, non responsabile.