VERBANIA - 29-05-2024 -- Il giudice le ha creduto, forse non pienamente, ma abbastanza per assolverla con la formula dubitativa. Ha connessioni con un’altra grossa indagine -attualmente in corso- per bancarotta fraudolenta nel mondo dell’edilizia il processo che ha visto una 27enne della provincia di Varese accusata di calunnia. Quattro anni fa, quando ne aveva 23 ed era alla ricerca di un primo impiego, aveva accettato di diventare l’amministratrice di una società del basso Verbano nel settore delle costruzioni per il quale il padre lavorava. Non aveva alcuna esperienza ma, rassicurata, accettò. Non ebbe problemi fin quando in azienda non arrivò una fattura da 97.000 euro reclamati da una società che sosteneva di aver noleggiato container e attrezzature. I soci le dissero che non era vero e che quelle forniture si riferivano alla ditta che avevano in precedenza e che, al momento, non era più attiva. Fu così convinta, anche dopo aver parlato con l’avvocato di fiducia dei soci, a presentare una denuncia in cui si affermava che quella richiesta non era dovuta.
Fu un boomerang perché, concluse le indagini e chiesta l’archiviazione, la Procura di Verbania l’ha mandata a giudizio con l’accusa di calunnia.
Il dibattimento, reso difficoltoso dalle ripetute assenze ingiustificate dei due soci dell’azienda, testimoni portati infine in aula dai carabinieri che hanno eseguito l’accompagnamento coattivo disposto dal giudice, è stato lungo e difficoltoso. L’imputata ha di fatto ammesso di prendere decisioni “suggerite” da coloro che apparivano come i veri amministratori, fornendo una versione dei fatti che ha indotto anche il pm Anna Maria Rossi a chiederne l’assoluzione per la mancanza del dolo.