VERBANIA - 18-03-2024 -- Si terrà entro fine estate, a Verbania, la prima edizione del corso di perfezionamento per cantanti lirici promosso dal maestro veneto Simone Zampieri. Quarantacinque anni, tenore, ha scelto di ridurre l’attività artistica sul palco per dedicarsi prevalentemente all’insegnamento, selezionando giovani cantanti promettenti che aiuta a crescere e a costruirsi una carriera. Tra questi c’è il verbanese Damiano Colombo, che l’anno scorso è entrato in pianta stabile nel coro dell’Arena di Verona, anche grazie alle lezioni di Zampieri.
“Il progetto Masterclass sul Lago Maggiore nasce dalla collaborazione artistica con Damiano, che già da alcuni anni si dedica all'insegnamento. L’idea è nata quindi in maniera molto naturale” - spiega.
Come com'è nata la passione per l'insegnamento?
“Sono figlio d'arte. Anzi, meglio dire che vengo da una famiglia d'arte. Da tre generazioni abbiamo la fortuna di vivere di canto. Ho iniziato a coltivare una passione quasi malata per l'opera sin da bambino e non ho mai dovuto rispondere alla domanda ‘cosa vuoi fare da grande?’".
Dalla passione alla professione. Quando è iniziata l’opera di maestro?
“Con colleghi e ragazzi in crisi nel loro percorso che hanno visto in me un potenziale e mi hanno chiesto aiuto nella formazione tecnica vocale. Sono stato rinfrancato dai buoni risultati: tanti sono entrati nei teatri più importanti come artisti del coro, o hanno iniziato una vera e propria carriera nel teatro che conta, quello italiano. Per quanto si possa maltrattare il nostro paese ancora oggi le carriere si costruiscono in Italia”.
L’attività si svolge sotto traccia, quasi in sordina, perlomeno sul web e via social network.
“Vivo il lavoro come una collaborazione con artisti che vogliono migliorare. Sono un anello del loro successo, che è loro. Mi concento sulle cose da fare e la soddisfazione è proprio il vedere il successo dei ragazzi, ai quali mi sento di dire pubblicamente: bravi!".
Niente pubblicità?
“Assolutamente no. Non ho mai chiamato o scritto a nessuno per venire a farsi sentire e non mi piace pubblicizzare il successo dei miei allievi per fama personale”.
Esiste una competizione tra insegnanti?
“Non lo so e sinceramente non mi interessa perché, grazie a Dio, non ho il tempo di occuparmene. Sono sempre stato convinto che per chi opera bene, il lavoro c’è”.
Su che cosa si basa il suo lavoro? Quale tipologia di allievi segue?
“Dipende dal livello iniziale, se partono da zero o se hanno già compiuto studi. I percorsi possono essere molteplici: da chi deve disimparare per ricostruire a chi, in carriera, ha bisogno di superare un momento di difficoltà vocale o lavorativa. Ogni artista va seguito singolarmente in base al suo problema, a volte dando semplicemente consigli e facendo un lavoro per rientrare sul mercato, che si modifica nel corso del tempo. La mia soddisfazione non cambia: la vera soddisfazione è portarli al loro obiettivo”.
Spesso parla di “vecchia scuola”, quanto è importante?
“Credo molto nella ‘vecchia scuola’, anche perché troppe volte si sente dire che esiste un canto più moderno ma, poi, spesso arrivano bravi cantanti dall'estero e sento dire: cantano come noi una volta”.
Quindi la vecchia scuola è giusta o sbagliata?
“La verità sta nel mezzo. La base dello studio ovvero dizione, fraseggio, tecnica vocale, è invariata. Si è evoluto invece il modo di cantare: è la pulizia dello spartito che non lascia più spazio alle libertà che potevano avere le star del passato”.
Perché chiama artisti tutti gli allievi, da quelli alle prime armi, a quelli che sono stati instradati ad iniziare la carriera, a quelli già in carriera?
“Un cantante deve sentirsi artista dal primo giorno che decide di studiare, dal primo vocalizzo, al primo studio del Vaccaj, alla prima aria, al primo concorso, alla prima audizione, alla prima agenzia e alla prima in un Teatro. Tratto tutti con rispetto professionale e loro devono lavorare con altrettanto impegno”.
Quale sarà il futuro dell'opera?
“Dipende da chi opera nel settore. In Italia vedo tanto entusiasmo, tanti giovani e teatri pieni. Quindi se gli adulti operano bene i ragazzi a teatro vanno, applaudono, si emozionano, escono contenti e molto probabilmente ritorneranno”.