VERBANIA - 06-03-2024 -- Non nego nulla di quanto mi si accusa, ma l’ho fatto per tutelare mio figlio e per rabbia. Già condannato per stalking alla ex convivente con cui ha avuto un bambino che frequenta le scuole elementari, nel processo bis (i fatti sono successivi a quelli per cui ha convertito in lavori di pubblica utilità una pena di due anni) che vede come parte civile la donna e un amico di lei, l’imputato -imprenditore ossolano di 52 anni- ha raccontato la sua verità. Pedinamenti, appostamenti, scritte ingiuriose sui muri, l’“irruzione” a una grigliata con amici, l’inseguimento in superstrada dell’amico di lei… i fatti che gli vengono contestati dalla Procura come atti persecutori non li ha confutati, né minimizzati. Ha, tuttavia, spiegato i motivi per cui, anche quando violava il divieto di avvicinamento, era spinto dalla necessità di documentare quelli che ritiene “abusi” del ruolo genitoriale della ex, più volte denunciati alle forze dell’ordine e ignorati. L’imputato si considera in qualche modo una vittima del sistema: delle forze dell’ordine che non lo ascoltano, degli assistenti sociali, dei suoi precedenti avvocati e delle persone che ruotano attorno alla mamma di suo figlio, i quali l’hanno provocato ed esasperato al punto di fargli perdere la testa.
Nelle risposte alle domande del pm ha raccontato della depressione che ha affrontato e delle traversie economiche della sua attività economica, parlando a lungo, anche talvolta in modo duro, con attimi di tensione in cui s’è commosso.
L’esame dell’imputato ha concluso l’istruttoria dibattimentale. Il giudice Beatrice Alesci ha rinviato per la discussione di una querelle che rischia di avere ulteriori strascichi perché il dissidio non è sanato e ci sono altre denunce in corso.