Sembra finalmente che l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio -reato inviso agli amministratori locali di un po’ tutte le forze politiche- stia andando in porto. Ed ecco che la macchina della propaganda dei professionisti del giustizialismo (persone che di solito dedicano tutto il loro tempo a fare la morale agli altri senza guardare a se stessi) si è rimessa in moto. L’ultima strumentalizzazione è legata ad un presunto monito che l'Ue avrebbe rivolto all'Italia in caso di abrogazione del reato.
Prima di tutto, non si tratta di una posizione politica contenuta in un atto ufficiale, ma, appunto, di una strumentalizzazione rispetto ad una risposta piuttosto generica data da un portavoce in una conferenza stampa di fronte ad una estemporanea domanda provocatoria. Si faceva, infatti, riferimento alla esigenza di non indebolire la lotta alla corruzione che, peraltro, nel nostro ordinamento è ampiamente contrastata e rispetto alla quale non vi è mai stata discussione. Viene però da chiedersi che cosa dicono questi paladini del principi generali del nascente diritto europeo, sempre pronti a tirare le istituzioni Ue per la giacchetta, rispetto al sacrosanto diritto di un cittadino a conoscere preventivamente e chiaramente quando una determinata condotta costituisce reato. Si tratta del principio di tassatività e di determinatezza della fattispecie penale in relazione al mancato rispetto del quale più volte l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. In Italia, ad esempio, la fattispecie incriminatrice dell’abuso d’ufficio è talmente vaga che un magistrato dotato di fantasia può provare a farci rientrare tutto ed il contrario di tutto. Quando non c'è chiarezza sul contenuto delle norme, peraltro, può succedere che l'interpretazione può facilmente sconfinare nell'arbitrio, situazione molto pericolosa quando si tratta di interpretare le norme per i nemici piuttosto che per gli amici.
Buona domenica e buona settimana.
Roberto Cota