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veneto banca

ROMA - 04-01-2024 -- Veneto Banca era “scassata” prima ancora che fosse posta in liquidazione coatta amministrativa. Nelle vicende dell’ex istituto di credito, che molto si riverberano in chiave locale per via delle ingenti somme di denaro perse dai soci/correntisti provenienti dalla fu popolare di Intra, una parte importantissima la riveste la dichiarazione del Tribunale di Treviso, poi confermata dalla Corte d’Appello di Venezia, sullo stato di insolvenza della banca.

È questa pronuncia che ha fatto scattare il reato di bancarotta fraudolenta, l’unico (gli altri sono prescritti) per il quale qualcuno potrebbe essere chiamato a pagare per il default di Montebelluna. Ed è contro di essa che, tra Natale e Capodanno, la Corte di Cassazione s’è espressa mettendo un punto fermo nel crac bancario. Gli Ermellini hanno, infatti, rigettato il ricorso dell’ex amministratore delegato e direttore generale Vincenzo Consoli che, contestando le risultanze del consulente tecnico autore della perizia su cui s’è basato il giudizio, ha impugnato la sentenza emessa dalla Corte d’Appello il 18 dicembre 2019. Nel giudizio, citati dall’ex manager ma controricorrenti, sono entrati anche undici ex amministratori della banca.

La tesi di Consoli, articolata in sette motivi di appello, era che i valori utilizzati per calcolare il patrimonio non erano corretti o che fossero stati mal interpretati, così come le valutazioni circa le modalità che portarono, nel luglio del 2017, il governo Gentiloni a chiudere con un decreto legge Veneto Banca e popolare di Vicenza, cedendo le attività a Intesa Sanpaolo alla simbolica cifra di un euro.

Tutte le obiezioni sono state dichiarate inammissibili o infondate, chiudendo di fatto la causa, le cui spese legali -anche dal ctu- sono state confermate in capo anche agli ex amministratori controricorrenti, che lamentavano di essere entrati nel giudizio solo per chiarire la loro posizione e non per contestare le decisioni.

Il pronunciamento è importante perché accerta che la banca, ancor prima che fosse liquidata, era in stato di dissesto, solo formalmente non dichiarato e celato tra le pieghe del bilancio, artificiosamente sostenuto. Questa tesi è anche alla base dell’indagine per bancarotta fraudolenta che ha portato la Procura di Treviso, a fine ottobre, a notificare a Consoli e ad altre undici persone l’avviso di chiusura indagini.

 


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