VERBANIA - 21-12-2023 -- Ne è rimasto in vita solo uno. Con il decesso, avvenuto nei giorni scorsi all’età di 96 anni, di uno degli storici dirigenti dell’ex Montefibre di Verbania, c’è più solo un superstite tra gli imputati originari del primo processo per i morti e malati di amianto nello stabilimento chimico di viale Azari chiuso a inizio anni ’80. Sono trascorsi quasi vent’anni da quando il sostituto procuratore di Verbania Nicola Mezzina ha iniziato a indagare sulle denunce ricevute, tramite sindacato, da ex operai o parenti di essi ammalati o deceduti per patologie polmonari riconducibili all’inalazione di amianto, fibra cancerogena largamente utilizzata per le coibentazioni in fabbrica in quegli anni.
Dall’accertata presenza di eternit, col tempo rimosso in un’intensa opera di bonifica, in correlazione con malattie e decessi, si sono originati sei procedimenti penali -di cui cinque ancora pendenti- con ipotesi di reato di omicidio colposo, lesioni colpose e violazione delle norme sulla sicurezza dei lavoratori. S’è partiti da 17 indagati che, nel 2004, l’allora gup del Tribunale di Verbania Vinicio Cantarini rinviò a giudizio. Da allora, man mano che nuove denunce venivano depositate, si istruivano il Montefibre bis, il ter, il quater, il quinquies e il sexies. Questi ultimi due sono ancora alla fase iniziale del primo grado che, ormai, vede un solo imputato, che oggi ha 85 anni. Gli altri, con il passare degli anni, sono passati a miglior vita, assottigliando man mano la schiera di chi era chiamato alla sbarra. La sensazione è che, prima della giustizia degli uomini, intervenga l’incidere dell’età e che, con la morte dell’ultimo degli imputati, si scriva forzatamente la parola fine perché non c’è più nessuno da processare e tutti i reati sono estinti.