VERBANIA - 29-11-2023 -- Anche a distanza di un anno e mezzo da quei tweet e dalla baraonda mediatica nazionale che ne seguì, il clima tra le parti è teso. S’è trasferito nell’aula B del tribunale di Verbania lo scontro che, tra l’aprile e il maggio del 2021, mise su fronti opposti una dottoressa di Verona e la blogger sovranista -collaboratrice del Primato nazionale- Francesca Totolo. La 46enne ossolana, i cui interventi controversi su temi cari alla destra le sono valsi ripetute denunce -non ultima una per vilipendio al presidente della Repubblica Mattarella- è a giudizio per diffamazione aggravata verso la dottoressa, costituita parte civile. Quest’ultima, il giorno del XXV Aprile, in forma anonima su un account twitter celato dietro l’alias @Nessunagaranzia, raccontò di aver dovuto defibrillare un paziente giunto al Dea con un fascio littorio tatuato sul petto (foto che corredava il “cinguettio”) e di averlo in qualche modo punito per questo. “Mi piace l’odore della pelle bruciata al mattino” – aveva scritto, parafrasando la citazione cinematografica di Apocalypse Now (“Mi piace l’odore del napalm al mattino”).
Due quotidiani del Veneto avevano rilanciato la storia, svelando l’identità del medico, finita nell’occhio del ciclone. Sull’onda di quegli articoli, Totolo aveva pubblicato un paio di post in cui, senza indicarne le generalità, ne stigmatizzava l’operato, ricordando che era già stata protagonista di un caso di condotta inappropriata nel 2015.
L’ospedale mise in ferie la dottoressa, poi sospesa disciplinarmente (in via cautelare per un mese e, definitiva, per sei) e, quindi, trasferita ad altra mansione. Lei, che ammise d’essere l’autrice del primo tweet, negando però che fosse una storia vera -“ma lo sono inventata”- dopo tre telefonate, di cui due in presenza del suo avvocato, con la blogger, decise di denunciarla.
Il processo si svolge a Verbania perché tribunale competente territorialmente per Domodossola, residenza della blogger e luogo in cui scrisse il post. Oggi hanno deposto, sia la persona offesa, sia l’imputata. La prima ha addossato alla seconda la responsabilità dei danni cagionati da quella polemica; la seconda ha ribadito di aver ripreso la notizia già uscita, di non averne scritto le generalità e, dopo il colloquio, di aver scritto un pezzo di rettifica in cui si spiegava che la storia era inventata.
Scintille in aula tra le parti hanno contraddistinto l’istruttoria dibattimentale che si chiuderà a marzo con l’acquisizione degli audio delle interviste e con la discussione.