VERBANIA - 11-11-2023 -- Per l’assicurazione, che non ha rimborsato un centesimo al ferito, l’incidente fu colpa del ciclista, che non sarebbe dovuto entrare in galleria quando l’illuminazione era spenta. Eppure, a processo, c’è il conducente del mezzo che provocò il sinistro.
Lesioni stradali gravi è il reato per il quale è a giudizio, al Tribunale di Verbania, l’autista di un furgone blindato di una compagnia di vigilanza privata. Il 25 maggio del 2018, insieme al collega capoequipaggio, viaggiava sulla statale 337 della Val Vigezzo diretto negli uffici postali della valle, dove avrebbe portato denaro contante.
In un tratto in salita, all’interno di una galleria, urtò la bicicletta di un ciclista che si stava allenando lungo la vigezzina, provocandone la rovinosa caduta, per poi andarsene. Pur avendo riportato fratture e lesioni guarite in più di 40 giorni, il ciclista riuscì a chiamare il numero unico di emergenza, dalla cui centrale furono mandati in loco i carabinieri, oltre che l’ambulanza. L’Arma arrivò in una decina di minuti, appena prima che il furgone tornasse indietro e gli occupanti scendessero per prestare aiuto.
Il ciclista ebbe una lunga convalescenza, durante la quale avviò le pratiche per ottenere il risarcimento dalla compagnia assicurativa del mezzo dell’agenzia di vigilanza, che rifiutò. In seguito a denuncia, la Procura ha rinviato a giudizio l’autista del blindato portavalori, che si difende scaricando le colpe sulla visibilità “le luci della galleria erano spente” e sul fatto che, ai due ingressi sugli opposti sensi di marcia, era ben visibile il cartello di divieto di accesso ai velocipedi nel caso non funzionasse l’illuminazione.
Una tesi, questa, che la parte civile confuta, sostenendo che le lampade erano accese, ancorché poco potenti (oggi sono state sostituite e le fonti luminose potenziate), come ha confermato l’autista di un corriere espresso, testimone oculare del sinistro.