VERBANIA - 28-09-2023 -- Da passeggero vittima d’un incidente stradale a imputato, indagato e condannato in primo grado. Lascia strascichi in un 30enne verbanese d’origine egiziana la notte dello scorso 10 aprile. A tarda ora viaggiava a bordo della Cupra di un amico, diretto a casa. In via Rosmini, all’altezza dell’oratorio, la vettura si schiantò contro il cancello d’un condominio, attirando i soccorritori e i carabinieri. Alla prima pattuglia che giunse sul posto, appartenente alla stazione di Premeno, apparve una vettura semidistrutta e due persone ferite in stato alterato. L’egiziano era il passeggero che, nell’impatto, aveva riportato contusioni al capo e alla gamba destra. I militari gli chiesero i documenti, che lui rifiutò di fornire, cercando di allontanarsi a piedi verso casa e venendo invitato a trattenersi. Dalle parole -nel frattempo era sopraggiunta la pattuglia del Radiomobile- si passò ai fatti. Il passeggero aggredì i militari, colpendoli e insultandoli fin quando, raggiunto dagli elettrodi del taser, non cadde a terra e venne arrestato con l’accusa di resistenza e lesioni.
All’udienza di convalida dell’arresto, due giorni dopo, disse al magistrato di essere stato picchiato dai carabinieri, facendo aprire un nuovo fascicolo che ne ha poi determinato un terzo con l’accusa di calunnia, per la quale lo straniero è ora indagato.
Nel procedimento penale per direttissima susseguente all’arresto, oggi è arrivata la condanna in primo grado, al termine di un’udienza tesa, nella quale il pm Anna Maria Rossi ha chiesto -negata dal giudice Marianna Panattoni- la trasmissione degli atti per l’avvocato della difesa che, nell’insistere per l’assoluzione, aveva puntato su un video, realizzato dall’imputato, in cui sarebbe emerso che il giovane aveva fornito le sue generalità, circostanza -ha argomentato- confermata dall’altro testimone e dai sanitari.
Tesi, queste, non solo respinte dal pm e dall’avvocato Beniamino Ricca, legale dei carabinieri costituiti parte civile, ma che secondo l’accusa sarebbero smentite dalle prove, a iniziare dal video, che il giudice ha rivisto prima di esprimersi e di condannare l’imputato alla pena chiesta dal pm: 6 mesi, 10 giorni e 50 euro di ammenda.