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VERBANIA - 18-09-2023 -- Nessun colpevole, non vi è prova che l’operaio svolse quella mansione pericolosa su incarico, o seguendo ordini o direttive, del datore di lavoro. L’assoluzione è ciò che la Procura di Verbania chiede per il titolare della struttura ricettiva di Meina di fronte alla quale, il 12 aprile del 2019, morì annegato Festim Brakollari, 38enne albanese assunto come manutentore-tuttofare per i piccoli lavori. L’uomo, padre di famiglia residente ad Arona, nei giorni precedenti l’avvio della stagione turistica uscì con una tavola da sup (stand-up paddle) per recuperare il pedalò che, slegatosi dall’ormeggio provvisorio al quale era stato legato a riva, era andato alla deriva. Non sapeva nuotare, non aveva un abbigliamento adatto, non aveva dimestichezza con la tavola e, per quanto emerso nel dibattimento, non sarebbe dovuto intervenire. L’ha ribadito, nelle sue conclusioni, il pm Anna Maria Rossi, che ha ripercorso l’iter di un lungo procedimento penale iniziato dopo che, a distanza di qualche mese dai fatti, la Procura chiese l’archiviazione e le parti civili -i parenti di Brakollari- si opposero. Il gup accolse l’opposizione e dispose l’imputazione coatta, obbligo cioè il pm a formulare un capo di imputazione e a mandare a giudizio i responsabili. L’unico soggetto individuato è stato il legale rappresentante della società proprietaria del residence, che s’è giustificato dicendo di non averne la gestione diretta e che, comunque, l’operaio era stato assunto per altre mansioni, non per il recupero del pedalò, già commissionato alla Lega Navale di Arona, né per l’impiego di esso o delle tavole da sup, utilizzate liberamente dai frequentatori del residence sotto la loro responsabilità. Una tesi opposta a quella delle parti civili, che hanno chiesto condanna e risarcimento che il giudice valuterà nella prossima udienza, alla quale ha aggiornato il procedimento per repliche e sentenza.
