VERBANIA – 02.02.2016 – Lunedì 8 febbraio.
È questo il giorno scelto per riunire l’assemblea degli iscritti alla sezione verbanese del Partito democratico, per formalizzare le dimissioni del segretario Riccardo Brezza e per definire tempi e modalità della sua sostituzione. Il passaggio è cruciale nella definizione dei rapporti tra i democratici cittadini, divisi tra due fazioni: una favorevole al sindaco Silvia Marchionini, l’altra allergica al suo decisionismo. A questa seconda appartiene Diego Brignoli. L’ex presidente del Consiglio comunale, il candidato più votato alle elezioni 2014 nonché contendente alle primarie di Marchionini, ha scelto a dicembre di dimettersi. L’ha fatto per la vicenda firmopoli, ma anche in disaccordo con la gestione amministrativa. Le critiche esposte nella sua lettera di congedo furono, allora, precise ma non calcate. Oggi, a pochi giorni dal caso Brezza-Lo Duca, Brignoli ha scritto un intervento un po’ più duro, in cui spiega meglio i suoi dissidi, invita a evitare “l’assalto alla diligenza” del partito (cioè la corsa alle tessere per accaparrarsi il segretario) e medita l’addio al Pd.
Partendo dalla fine, cioè dall’assemblea degli iscritti, Brignoli – che ha affidato le sue riflessioni al blog Verbaniasettanta – parla di “una nuova fase, complessa e delicata”. “Non so bene se e come affrontarla, soprattutto se ne valga (ancora) la pena. Ho certezza però che le antiche modalità abbiano mostrato i loro limiti. Non è difficile immaginare che sia iniziato l’abituale ‘assalto alla diligenza’, fatto di caccia alle tessere, per potersi presentare al tavolo congressuale con la forza dei numeri (le truppe cammellate si diceva un tempo) in grado di condizionare il dibattito e il confronto (…). Raccogliere poche decine di persone disposte a tesserarsi all’ultimo momento, votare al congresso e poi sparire; un film già troppe volte visto che non ho voglia di rivedere ancora. Non più”.
A monte le critiche al modello politico attuale che si dice “nuovo (?)” ma che è, secondo lui, “un pressoché totale esautoramento, e quindi della funzione di controllo e indirizzo, delle assemblee elettive (Parlamento o Consiglio Comunale) a favore di un’abnorme concentrazione di potere nelle mani del Premier o del Sindaco”. A Brignoli non piace “il decisionismo del ‘fare da soli’”, anche a Verbania, dove – ammette – a volte ha votato per dovere e senso di appartenenza in provvedimenti in cui “vengono immolate rappresentanza, partecipazione, condivisione, dibattito. Personalismo, decisionismo, populismo trionfano e rimane spazio solamente per un’accettazione acritica e passiva, quando non surrettiziamente entusiastica, mentre la critica viene immancabilmente relegata all’espressione di gufi e cassandre (quante volte lo abbiamo sentito?). Accuse che spesso e volentieri sono state mosse anche a me, talvolta velatamente, talvolta molto apertamente. Molti ancora interpretano le mie posizioni di criticità frutto dell’esito delle primarie e del rancore derivatone; dimenticando evidentemente la mia assunzione di responsabilità quando accettai la candidatura e il ruolo di capolista, la mia offerta di collaborazione (ovviamente respinta). Ho fatto proposte, sollevato perplessità e dubbi, ma alla fine, tranne un paio di volte, ho sempre votato pur se obtorto collo rispettando le scelte della maggioranza. Mi sono pure prestato a stemperare qualche asperità e cercato di mantenermi equidistante nel ruolo di presidente anche se non mi sono mancate le critiche sia dalla maggioranza che dall’opposizione”.