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cota roberto

Il nostro sistema sanitario pubblico è tra i migliori del mondo, non c’è dubbio. Parlo in generale e non mi riferisco alle singole Regioni. Ha però bisogno di alcune riforme. Dopo l’emergenza Covid alcuni nodi sono arrivati al pettine. In disparte l’annosa questione dell'allungamento delle liste d’attesa, esiste una oggettiva difficoltà a coprire i posti di alcune specialità come medicina d’urgenza, virologia, radiologia, chirurgia. Tali specialità non sono infatti appetibili, anche perché non danno la possibilità di integrare lo stipendio dell’ospedale pubblico con l'attività privata, sia in regime di intramoenia che di extramoenia. Conseguenza di questa situazione è la difficoltà per gli ospedali a coprire alcuni servizi con il ricorso a medici a gettone, ad esempio al pronto soccorso.

Il fenomeno è così tanto diffuso che molti medici, soprattutto i giovani, si licenziano dall'impiego pubblico perché lavorare a gettone rende di più. Il servizio ne risente: il paziente diventa un numero ed alla fine del turno il ”gettonista” passa subito ad altro. Oltretutto, si crea un'ingiusta sperequazione perché il gettonista arriva a guadagnare quattro volte di più rispetto all'assunto. Che cosa fare? Il Governo è sul pezzo, ha capito il problema ed ha stanziato soldi per rendere più pesante la busta paga di chi lavora al pronto soccorso introducendo anche la defiscalizzazione dell’ indennità specifica.

Nell’ ottica di un intervento più complesso dovrebbero in generale essere adeguati gli stipendi dei medici ospedalieri e proprio eliminato il ricorso ai “gettonisti”. Al limite, in caso di carenza di personale, gli ospedali (o Asl) potrebbero stipulare contratti a tempo determinato con l'obiettivo di assumere giovani medici.

Buona domenica e buona settimana.

Roberto Cota

 


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