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festim

VERBANIA - 20-07-2023 -- “Non gli è mai stato detto di recuperarlo, né tantomeno con la tavola da sup. E, ancora oggi, non abbiamo capito come sia stato possibile che il pedalò si sia slegato e finito al largo”. Sono passati più di tre anni dalla morte per annegamento del 38enne Festim Brankollari, l’operaio albanese di un residence di Meina, il cui legale rappresentante è a processo per omicidio colposo. Secondo la Procura non ha adottato le misure necessarie per impedire che il lavoratore morisse in acqua il 12 aprile del 2019.

Nel pomeriggio di quel giorno di inizio stagione turistica un cliente d’un albergo vicino vide un uomo in difficoltà su una tavola da stand-up paddle. Chiamò i soccorsi e iniziò, coi sommozzatori dei vigili del fuoco, la ricerca nel braccio di Verbano tra Meina e Angera che si concluse in serata con il ritrovamento del corpo.

Festim lavorava da dodici anni nel residence. Aveva mansioni di operaio: doveva pulire il giardino e il solarium, tagliare l’erba e potare le piante – ha raccontato l’imputato –. “A me aveva detto di saper nuotare, ma il suo lavoro non prevedeva di entrare in acqua”. La moglie e i parenti dell’uomo, al contrario, sostengono che avesse scarsa dimestichezza con l’acqua e che svolgesse molte altre mansioni: la direttrice lo chiamava spesso.

Per quanto ricostruito, anche sentiti i testimoni oculari, quel giorno l’operaio prese dal deposito dei sup (di libero utilizzo e sotto la propria responsabilità per chi soggiorna al residence, al pari di pedalò e canoe) una tavola e, pagaiando, si spinse al largo per recuperare un pedalò finito alla deriva. Un paio di settimane prima quello scafo in vetroresina, imbarcata acqua, era sprofondato insabbiandosi sul fondale. Il personale della sezione di Arona della Lega navale italiana aveva provato invano a recuperarlo. Lo fece Festim, tirandolo a riva e legandolo. “In un posto sbagliato, dal quale non si poteva recuperare e che, a causa del continuo movimento delle onde, si era ‘grattuggiato’, danneggiandosi irreparabilmente” – ha dichiarato l’imputato, spiegando di aver ripreso il dipendente, senza dargli indicazioni diverse.

Il consulente tecnico di parte, che ha ricordato le condizioni meteo non favorevoli al bagno (temperatura dell’aria tra 4 e 15°, con l’acqua sulla decina di gradi), ha escluso che sullo scivolo in cui era stato tirato in secca, si sarebbe potuto recuperarlo facilmente.

Conclusa l’escussione del lungo elenco di testimoni di un processo passato per due giudici e durato più di un anno, manca solo la discussione.

 

 

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