VERBANIA - 22-06-2023 -- “Sono passati due anni e, ancora adesso, non ho capito dove ho sbagliato”. È iniziata con un investimento e una “gita” in Svizzera per ritirarlo la disavventura di una famiglia italo-israeliana. Lei, romana trapiantata a Tel Aviv e lì residente da una dozzina d’anni, aveva a disposizione più di centomila euro dell’eredità del padre e, volendoli investire in beni durevoli, dopo lunga ricerca si concentrò su un cronografo svizzero di lusso. On-line prese contatti con una prestigiosa e conosciuta bottega di Ginevra e concordò l’acquisto di un orologio Audemars Piguet usato, valutato 114.000 euro. Non volendoselo far spedire, spiegò che l’avrebbero ritirato il marito e il cognato. Che, nell’ottobre del 2021, presero l’aereo e atterrarono in Svizzera. Pensavano di sbrigarsela in poco tempo ma il bonifico disposto in Italia tardò ad arrivare all’orafo. Quando l’operazione bancaria fu completa, ricevettero il cronografo, la sua scatola originale e la fattura. Per rientrare trovarono come unico mezzo il treno. Alle 7,15 salirono sul Ginevra-Milano, per prendere il successivo Frecciarossa Milano-Roma. L’acquirente – così ha raccontato al giudice – sarebbe rimasta qualche tempo in Italia ma il marito, volando in Israele, avrebbe portato con sé il pezzo pregiato. A un controllo doganale della Guardia di finanza alla stazione di Domodossola i cognati furono trovati in scompartimenti diversi. Uno aveva il cronografo al polso, l’altro -in diverso vagone- la scatola e la fattura. Ritenendo che si fossero accordati per evadere l’Iva, furono fermati, identificati e denunciati, con l’orologio sequestrato.

Secondo la difesa è un malinteso, innanzitutto perché a quell’orologio, di proprietà di un israeliano e, in Italia, solamente in transito, non andava assoggettato a Iva. “Non abbiamo nascosto nulla, nemmeno al controllo – ha detto il cognato, contraddicendo i finanzieri –. Io tenevo la scatola nel trolley perché avevo spazio nel bagaglio”.