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VERBANIA – 14.01.2016 – Montefibre e l’amianto. 

È su questo binomio e sui danni alla salute patiti dai lavoratori malati o morti che si gioca il terzo processo Montefibre. Dopo gli atti preliminari, la discussione sulle parti civili e l’accordo su date delle udienze e liste testi, oggi in tribunale a Verbania s’è aperto il dibattimento e sono sfilati i primi dei circa 120 testimoni chiamati a testimoniare in una delle 12 udienze già calendarizzate.

Tra questi, dopo il responsabile dello Spresal che ha certificato l’ingente presenza di amianto nello stabilimento, alcuni ex lavoratori che hanno descritto le condizioni degli ambienti. L’amianto era molto diffuso e veniva largamente utilizzato per coibentare. Nelle tubazioni della fabbrica scorreva acido acetico impiegato nelle lavorazioni. L’acido acetico, molto corrosivo, si solidifica in cristalli al di sotto dei 16,7° Celsius, ragion per cui era necessario che le condotte fossero sempre isolate termicamente. E quando capitava che si forassero, intervenivano operai specializzati che manipolando l’amianto grezzo tappavano e riparavano. Un ex operaio ha raccontato che gli ambienti erano polverosi e quando il sole entrava dai lucernari si distingueva il pulviscolo nell’aria. I testi chiamati dal pm Nicola Mezzina, che ha già istruito due processi uno dei quali giunto a sentenza definitiva, hanno risposto alle domande sulle condizioni di lavoro, descrivendo gli ambienti frequentati. Allora – il periodo cui si riferisce l’esposizione all’amianto va dal 1972 al 1988 – non venivano fornite indicazioni sulla pericolosità, che era sconosciuta agli operai.

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