VERBANIA – 03.12.2015 – Due ospedali oggi, un ospedale domani.
L’equazione con cui la Regione ha risolto l’impasse sul taglio degli ospedali è questa e fa tornare tutti i conti, o quasi. Sul piano politico la formula funziona, mette d’accordo sindaci e territori e evita proteste e polemiche. Sul piano pratico, in attesa di conoscerla nei contenuti, non quadra del tutto. Perché la sanità, più che di ospedali, ambulanze, eliambulanze, reparti e posti letto, è fatta di persone. Medici e, soprattutto, infermieri sono coloro che fanno funzionare i servizi e senza non si può fare. Percepita dai cittadini-utenti come una iattura, la chiusura di un Dea e la spartizione dei reparti, paradossalmente garantiva a personale della sanità la fine dei turni massacranti e del superlavoro necessario, senza rinforzi all’organico, per tenere aperti il “Castelli” a Pallanza e il “San Biagio” a Domodossola.
Ora che l’ospedale unico si farà ma solo tra – così è stato promesso – tre o quattro anni, ecco che i dipendenti protestano. In una nota congiunta di Cgil, Cisl, Uil, Nursing Up, Fials e Fsi insieme alle Rsu viene annunciata la proclamazione dello stato di agitazione. Il problema di base è la carenza di personale “divenuta insostenibile”. “La garanzia del mantenimento dei servizi è sostenuta grazie ai sacrifici dei lavoratori, che si vedono stravolgere l’orario di lavoro, negare la possibilità di recuperare o riconoscere economicamente le ore effettuate in regime straordinario”, scrivono i sindacati che denunciano la mancanza di dialogo con la direzione generale dell’Asl Vco. “In questo difficile contesto le organizzazioni sindacali hanno più volte chiesto di confrontarsi con la Direzione Generale e di essere coinvolte sulle questioni che comportano una diretta ricaduta sulla vita dei lavoratori. A fronte della completa indisponibilità manifestata, in palese violazione delle relazioni sindacali è dichiarato lo stato di agitazione del personale in rivendicazione del diritto di esercitare la rappresentanza dei lavoratori”.