VERBANIA – 23.10.2015 – Otto anni di carcere
e tremila euro di multa a testa. È stata pesante la mano del pubblico ministero Anna Maria Rossi nei confronti di Emiliano Di Glaudi e Anna Cena, accusati di essere i Bonne & Clyde dei raggiri a domicilio messi a segno contro signore anziane, anche nel Vco. Quarantaquattro anni lui, altrettanti lei, cittadini italiani di etnia sinti, sono una coppia nella vita di tutti i giorni. E come coppia partivano dal Torinese presentandosi alla porta di persone anziane, sole, che convincevano a farsi aprire e a entrare in casa con scuse e pretesti vari, spesso spiegando che lei era in dolce attesa, uscendosene con gioielli, monili e contanti trafugati all’insaputa delle vittime. Secondo i carabinieri che li hanno individuati e secondo l’accusa sono loro i responsabili di 13 truffe commesse nel 2014 e vanno condannati a otto anni di carcere. Tanto ha chiesto il pm Rossi partendo da una pena base di sei anni aumentata per la continuazione degli episodi e i precedenti, in Italia ma anche in Canton Ticino.
Quello alla coppia sinti è un processo che nasce da un’operazione di polizia e da un precedente procedimento. Nell’ottobre 2014 Di Glaudi e Cena furono fermati dai carabinieri sull’A26. I militari erano stati messi in allerta dalla denuncia tempestivamente diffusa dai colleghi di Domodossola dopo una truffa avvenuta in Ossola e s’erano piazzati con un’auto civetta in autostrada. Nel controllare i veicoli di passaggio al computer risultò che il veicolo sul quale viaggiavano era stato segnalato come sospetto dalla questura di Torino. Alla barriera del Lago Maggiore il posto di blocco vero e proprio, che i due tentarono di forzare speronando la gazzella dell’Arma ma finendo il tentativo di fuga in manette. Per quell’episodio entrambi sono stati condannati in primo grado e attendono (Di Glaudi in carcere) l’esito dell’Appello. Da quei controlli, partendo dai telefonini trovati in auto e sottoponendo le vittime delle truffe a riconoscimenti fotografici, è stato imbastito il processo.
La difesa, affidata agli avvocati Cristina Botto di Torino e Marisa Zariani del foro di Verbania, oltre a ritenere eccessiva la richiesta della pena, contesta il riconoscimento dei loro assistiti che, in un’udienza precedente, è avvenuto all’americana, con gli imputati mischiati a due controfigure.
Il giudice Raffaella Zappatini oggi ha ascoltato le richieste dell’accusa e le istanze della difesa, rinviando la sentenza alla prossima udienza.