ORNAVASSO – 23.10.2015 – Un addio straziante,
un dolore che toglie le parole e lascia solo spazio al silenzio e alle lacrime. Nel suo ultimo viaggio terreno Francesco Colabraro, il venticinquenne ornavassese stroncato nel sonno da un problema cardiaco domenica notte, non è stato solo. Stamane nella chiesa di San Nicola a Ornavasso, suo paese d’origine – la tragedia è avvenuta nell’appartamento di Intra che divideva con la fidanzata – tutti i suoi “mondi” si sono stretti attorno alla famiglia.
C’erano i coscritti del 1990 che, indossando tutti un foulard scozzese con il nome e l’anno di nascita ne hanno portato la salma in spalla fino al centro della chiesa.
C’erano i compagni con cui aveva giocato a calcio nell’Ornavassese e nel Mergozzo e tanti dirigenti e allenatori del calcio dilettantistico. Il pallone era una sua grande passione, testimoniata dalle due magliette posate sul feretro: quella dell’Inter e quella, autografata dai compagni, con cui aveva giocato. Il pallone è anche l’ambiente di papà Luciano, dirigente di Ornavassese e Mergozzo ma anche della Figc locale.
Lui, insieme alla moglie Annamaria, al figlio minore Rosario, a nonna Rosa e a tutti i parenti, non si sanno dar pace. È troppo difficile accettare la perdita di un figlio, di un ragazzo così giovane e così vitale. All’altare, prima della benedizione finale, la cuginetta Anna sale per salutarlo e ricordare l’ultima volta che l’ha visto, con gli occhiali da sole fosforescenti in testa, mentre guardavano un film dell’orrore e lui la stringeva forte ma che scherzava su quelle paure infantili. “Era un ragazzo d’oro, mi era sempre accanto, lascia un vuoto troppo incolmabile…”. Le parole del fratello Rosario escono a stento, tra i singhiozzi mentre stringe forte forte al petto la foto di Stefano e non sa darsi pace.
Sono attoniti anche gli amici cresciuti con lui, che fuori dalla chiesa hanno affisso un poster. In mezzo a tante foto di momenti felici c’è una scritta che è un’amara riflessione su una vita giovane che se ne va: “scambieremmo tutti i nostri domani per avere un solo ieri. Ciao ‘Bertu’”. Una compagna di scuola lo ricorda come “il primo di noi che s’è affacciato alla vita” e promette che d’ora in avanti ogni secondo della loro esistenza sarà vissuto anche per lui “finché non ci rincontreremo tutti”.
Don Erminio Ruschetti, il parroco di Migiandone che sostituisce il convalescente don Ermus Bovio, sa che ci sono poche frasi consolatorie e invita a ascoltare il messaggio del vangelo in cui si chiede di “essere pronti”, anche se non si è mai pronti a lasciare andare una giovane vita. “Ora Francesco è come i girasoli che sono stati posti sul feretro – conclude – si orientano al sole e alla vita”.