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sala parto generica
VERBANIA – 12.07.2015 – Nel 2014 sono state

1.618 le donne piemontesi che hanno partorito fuori regione. Sono costate alla “cassa sanitaria” regionale (cioè a tutti noi) più di 3,1 milioni di euro. Il dato, estrapolato dalla tabella pubblicata dal sito torinese Lo Spiffero, dà conto di un fenomeno, la mobilità passiva, in lieve calo ma sempre assai rilevante.

La mobilità passiva è il conto che il Piemonte paga a tutte le altre regioni d’Italia nelle quali i suoi cittadini si recano per cure ordinarie – a carico della mutua, per intenderci – che non trovano o non ritengono all’altezza nella propria regione. C’è anche chi viene in Piemonte per farsi curare, ma sono meno e portano minori incassi, al punto che la bilancia è in rosso per 56 milioni di euro (nel 2010 lo era per 2,5). A beneficiarne sono soprattutto gli ospedali e le cliniche della Lombardia. Che sono vicini, facilmente accessibili, che hanno liste d’attesa ridotte e i cui medici evidentemente godono di un maggior “appeal” tra i pazienti.

Nel 2014 il conto della mobilità passiva piemontese è stato di 141 milioni per 43.640 prestazioni. Una parte appartiene anche al Vco. L’ultimo dato disaggregato disponibile, quello del 2013, racconta di 22 milioni sui 148 totali, cioè il 14,8%. Una percentuale molto alta se si considera che il rapporto tra la popolazione dell’Asl Vco – 171.000 persone contando anche il Cusio meridionale – e quella del Piemonte – 4,42 milioni – è solamente del 3,8%. S’è sempre detto che si tratta di una mobilità fisiologica, di confine, dovuta anche alla mancanza di certe specialità mediche che in un territorio piccolo non possono trovare spazio.

Tra queste non rientrano i parti, almeno non quelli con complicazioni e a rischio. E qui torniamo al tema trattato in apertura, quello delle 1.618 donne piemontesi che hanno scelto di far nascere il figlio o la figlia fuori regione. Di queste, 1.537, cioè il 95%, hanno avuto gravidanze “normali”, senza problemi che richiedessero la neonatologia. Il parto è un’operazione di routine, che in genere si conclude con pochi giorni di ricovero.

Perché le piemontesi dovrebbero andare altrove? Quante di queste sono del Verbano Cusio Ossola?

Avere dati aggiornati e confrontarli con le serie storiche sarebbe interessante per fotografare quella “fuga” di puerpere alla quale s’è assistito negli ultimi anni, e non solo verso la Lombardia ma, per esempio, verso Borgomanero, che nella diatriba sui punti nascite di Verbania e Domodossola (sempre in bilico e uno dei quali da sempre destinato alla chiusura, pur tra proteste, deroghe e rinvii) ha guadagnato in pazienti. E se far nascere i figli a Borgomanero non costa nulla in più alle casse piemontesi – tranne che poi diventa difficile sostenere economicamente un punto nascite del Vco, figuriamoci due – la migrazione in Lombardia è invece un danno economico.

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